Immaginare o fantasticare?
Pensi sia la stessa cosa?
Immaginare significa utilizzare le proprie potenzialità latenti, facoltà, qualità, attitudini, attraverso un esercizio di volontà responsabile, affinché possano essere utilizzate concretamente, nella realtà, secondo un piano mentale capace di incorniciare un evento futuro, o passato, volgendolo a nostro vantaggio. Per esempio: ho paura di parlare in pubblico perché sento di essere giudicato: immagino una situazione nella quale io sono tranquillo; entro nel corridoio che mi porta al palco dove dovrò parlare; respiro profondamente mentre gli altri mi sorridono. Sono ottimista e centrato. La mia orazione diventa per me un piacere, un’occasione per mettermi in mostra, una sfida positiva, o magari un modo per divertirmi prendendomi in giro rispetto alla mia possibile goffaggine. Mi trovo così a utilizzare gli aspetti irrazionali della mia mente, simbolico-intuitivi, immaginativi, per un fine concreto: superare le mie paure, o quantomeno affrontarle nel modo migliore. La mia fantasia è costruttiva.
Il fantasticare viceversa rappresenta una fantasia senza legge né volontà, priva di qualunque obiettivo, e spesso è una modalità per eludere la realtà, piuttosto che affrontarla (in Gestalt questo atteggiamento è chiamato deflessione). È un flusso associativo di immagini libere slegate tra loro, rispetto a un determinato obiettivo, le quali sono pressoché automatiche: e anche se abbiamo la sensazione di poterle dominare, effettivamente ne siamo sottomessi, cioè le viviamo in modo passivo identificandoci inconsapevolmente con esse.
Ci possono servire per scaricare una determinata situazione stressante, ma effettivamente sono fine a se stesse, sono un gioco che non porta da nessuna parte se non alla dispersione energetica e cognitiva. Soprattutto ci portano a sfuggire le responsabilità del presente in un mondo interno sganciato dalla realtà, nel quale ci si chiude sperando di trovare conforto e protezione.